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LA TEORIA ALLA BASE DI QUESTO METODO

SECONDO IL PROF. FRANZ RUPPERT

Il trauma e la scissione

Cos'è un trauma?

Trauma vuol dire “ferita”. Se ci riferiamo ad un evento emotivo possiamo parlare di ferita mentale.

Un trauma lo viviamo quando ci troviamo in una situazione nella quale la nostra vita è in pericolo. In quel momento viviamo la paura di morire e ci sentiamo impotenti e indifesi. Si viene completamente sopraffatti sia mentalmente che fisicamente.

    •    Incidenti

    •    Rapine

    •    Malattie pesanti

    •    Perdite dolorose

    •    Catastrofi naturali

    •    Abbandono emotivo

    •    Guerre, violenza e sfollamenti

    •    Abusi mentali e fisici

La scissione mentale come reazione di emergenza durante l'evento traumatico

Le prime reazione spontanee e imminenti che avvengono in una situazione di pericolo di vita sono la lotta e/o la fuga. Se entrambe non sono possibili si arriva ad un riflesso di “fingersi morto”, cioè, un irrigidimento fisico e mentale. In questo stato tutti i sentimenti sono come anestetizzati e addirittura delle ferite gravi non vengono più percepite.

Attraverso l'irrigidimento la persona verso l'esterno sembra tranquilla e contenuta ma nel suo sistema nervoso ruotano ancora tutte le energie che sono state mobilitate per la lotta e la fuga. Se queste energie forti non possono essere lasciate libere dopo l'evento traumatico, la persona rimane mentalmente e fisicamente come congelata e la sua mente si scinde. Durante questo processo interiore, tutte queste emozioni come, l'indifesa, la paura di morire, l'impotenza, la disperazione ecc., vengono staccate dalla percezione consapevole. Questa scissione mentale è un meccanismo di protezione inconscio della nostra mente per assicurare la sopravvivenza dell'essere umano.

I sentimenti dell'evento traumatico vengono frammentati, cioè, interiormente spaccati in tre pezzi: una componente traumatizzata, una componente di sopravvivenza e una componente sana rimanente. Nella mente, dopo il trauma, dunque, continuano a vivere tre diverse componenti dell'io che però tra di loro non sono in contatto. Componenti che in questo modo vengono conservate nel nostro inconscio sviluppano una vita propria e possono prendere in alternanza la conduzione della nostra mente.

“un trauma è presente quando, dopo un evento, si può osservare 

una scissione permanente della psiche di una persona” 

Prof. Franz Ruppert

Si possono differenziare 4 tipi di traumi:

    •  Trauma esistenziale:

    •    Si crea in una situazione di vita o di morte. La propria vita è

          minacciata. Le conseguenze sono stati di ansia e attacchi di

          panico.

    •    Trauma della perdita:

    •    Si vive una perdita prevista o inaspettata di una persona con la

          quale si aveva un legame emotivo profondo. Il trauma della

          perdita più pesante per un bambino è la morte della madre fino

          all'età di circa 18 anni oppure la morte di un bambino piccolo per

          sua madre. Si manifesta un dolore emotivo insopportabile.

    •    Il segnale più chiaro per un trauma della perdita sono le 

          depressioni.

    •    Trauma della simbiosi:

    •    “Le forme di legami insicuri descritte da Bowlby e Ainsworth

si basano soprattutto su traumi della simbiosi.”

Prof. Franz Ruppert

          Il trauma della simbiosi si crea dal contatto del bambino con

          genitori traumatizzati. Il bambino non può instaurare un legame

          sano e sicuro soprattutto con sua madre.

    •    Le sue esigenze simbiotiche di vicinanza, calore, amore,

         appartenenza, sostegno, orientamento e l'essere accudito

         amorevolmente non vengono esaudite.

    •    I sintomi che ne seguono sono molteplici. Comprendono problemi

         di identità, instabilità emotiva, consumo di droghe e

         comportamenti da dipendenza, paure di abbandono e soprattutto

         problemi relazionali.

    •    Trauma del sistema del legame:

    •    Un intero sistema di legami intra-umani è sotto l'influsso di

          traumi. Si formano dei traumi della simbiosi che vengono

          trasmessi da generazioni a generazioni da madre a figli.

    •    Il segnale principale del trauma del sistema di legame è la

          scissione aggressore-vittima nelle persone interessate. Ognuna

          di esse porterà poi dentro di se delle strutture di aggressore e di

          vittima.

La psicotraumatologia plurigenerazionale

Come può accadere che noi ci facciamo carico dei sentimenti traumatici dei nostri genitori, nonni e addirittura dei bisnonni ? Attraverso il legame emotivo con nostra madre siamo inconsciamente in contatto non solo con il suo mondo emotivo ma anche con quello dei nostri nonni e bisnonni.

Un madre traumatizzata, non essendo in grado di incontrare il suo bambino con tutte le componenti del suo “io” sano, passa queste scissioni mentali al figlio.

L'assunzione e l'identificazione di sentimenti traumatici estranei si può divulgare da generazione a generazione attraverso i processi di legame. Senza renderci conto consapevolmente veniamo irretiti in questo modo, nei sentimenti traumatici presenti nella nostra famiglia e questi legami inconsci ci impediscono spesso di condurre una propria vita libera e autonoma.

Scissioni della personalità dopo il trauma

La componente dell'io traumatizzata

In questa componente dell'io, spostati e nascosti dietro un grosso muro, ci sono i sentimenti travolgenti di indifesa, panico di morire, impotenza, vergogna, rabbia, disperazione e le immagini dell'evento traumatico vissuto. Questi sentimenti e ricordi sono come imprigionati e controllati molto bene dall'io di sopravvivenza. Rimangono oscurati alla nostra consapevolezza.

 

    •    Caratteristiche della componente dell'io traumatizzato:

    •    memorizza il ricordo del trauma

    •    rimane all'età di quando è avvenuto il trauma

    •    cerca una via di uscita dal trauma

    •    può venire risvegliata, rispettivamente entrare in risonanza con

          eventi quotidiani.

Questa componente dell'io non prende più parte alla vita e allo sviluppo dell'intera personalità e rimane ferma all'età del trauma. Presenta così una fonte di pericolo e una base di inquietudine permanente nella mente della persona.

La componente dell'io di sopravvivenza

La componente dell'io di sopravvivenza che si è formata dal trauma prende il controllo della mente e si impegna al meglio a tenere lontana la componente traumatizzata dalla percezione conscia del sentire, del pensare e dell'agire. 

Con tutte le sue forze si impegna affinché non si possa instaurare nessun contatto con la componente traumatizzata. Inizia a regolare la nostra vita facendoci evitare i contatti, controllando il circondario, facendoci vivere in modo ristretto e sviluppando immaginazioni fantasiose, tutto ciò per evitare il contatto con il trauma.

    •    Caratteristiche delle componenti di sopravvivenza:

    •    assicurano la sopravvivenza nel momento del trauma

    •    sono i guardiani della scissione mentale

    •    respingono e negano il trauma

    •    evitano i ricordi al trauma

    •    ignorano e ci distraggono

    •    controllano le componenti traumatizzate

    •    controllano le altre persone

    •    cercano delle compensazioni

    •    producono delle illusioni

    •    sono sottomissive e aggressive in modo latente

    •    producono altre scissioni

 

Più il trauma è stato grande, più forti sono le componenti di sopravvivenza e le strategie di sopravvivenza. La componente di sopravvivenza è un salvavita dopo la situazione traumatica perché permette la sopravvivenza. Se queste strategie di sopravvivenza rimangono attive anche dopo che è passato tanto tempo dall'evento traumatico, allora possono diventare un enorme blocco per il nostro sviluppo personale. La componente dell'io di sopravvivenza nega il trauma, evita i ricordi, li ignora e ci distrae da esso. Non accetta la realtà è può reagire in modo aggressivo se qualcuno dall'esterno mette in dubbio le sue immaginazioni. Impedisce il riconoscimento della realtà, della verità e della chiarezza emotiva. Per questa ragione è necessario, per uno sviluppo sano e stabile della personalità, che questi meccanismi di protezione dal trauma vengano ridotti con cautela passo dopo passo, non appena la situazione originaria di minaccia è passata.

Le strategie di sopravvivenza

Per non entrare in contatto con le componenti dell'io traumatizzate, la componente dell'io di sopravvivenza sviluppa determinate strategie di “evito”. Grazie a queste evita ogni eventuale situazione che potrebbe toccare la componente traumatizzata, perché ciò potrebbe portare a far riemergere i vecchi sentimenti di impotenza, panico mortale, indifesa ecc. Impedisce l'affronto con i sentimenti traumatici e cerca di tenere in vita la scissione mentale. Il trauma viene tenuto lontano dal vissuto consapevole, affinché non possa avvenire una nuova ritraumatizzazione tramite i vecchi sentimenti.

Per evitare ciò, la nostra mente può sviluppare differenti strategie:

    •    nega di avere mai vissuto una situazione traumatica

    •    evita qualsiasi ricordo

    •    evita determinate attività, luoghi e persone

    •    avvera un ritiro interiore ed esteriore

    •    può arrivare fino alla rinuncia delle relazioni intraumane

    •    assume medicine, alcol e droghe,

    •    erige delle zone di tabù nella vita comune

    •    eccede del consumo di droghe

    •    fugge nelle illusioni, nelle fantasie e nei rituali

    •    osserva in modo estremo il mondo circostante

 

Più una persona è traumatizzata, più concentra le sue attività mentali verso l'esterno, perché attraverso il contatto con il suo io interiore esiste il pericolo di entrare anche in contatto con i propri sentimenti traumatici. A lungo termine, anche le stesse strategie di sopravvivenza diventano una minaccia, perché attraverso di loro vengono bloccati anche gli sviluppi fisici, mentali ed emotivi della persona. Nella terapia del trauma, un processo importante è che il cliente riconosca le strategie di sopravvivenza e le possa lasciar andare in seguito.

La componente dell'io sana

E' importante che in una scissione traumatica rimanga sempre anche una componente sana. Lei ci aiuta a trovare il coraggio di confrontarci con il trauma originario ed i suoi sentimenti dolorosi. Le componenti sane tendono a fare delle esperienze proprie e non vogliono né respingere né scindere niente. Loro vogliono riconoscere la verità su ciò che è successo nella nostra infanzia e quali eventi traumatici incombono sulla famiglia. Sostengono il contatto con il proprio io e vogliono condurre una vita stabile, reale e sincera in continuo contatto con i propri sentimenti. Sostengono ogni possibilità che può essere d'aiuto, affinché la persona possa sviluppare una personalità sana, auto-consapevole e stabile.

 

    •    Caratteristiche delle componenti dell'io sane:

    •    hanno la capacità di percepire la realtà apertamente

    •    possono esprimere adeguatamente i sentimenti

    •    hanno una buona capacità di memoria

    •    hanno fiducia nelle persone

    •    possono costruire dei legami emotivi

    •    possono sciogliersi da legami irretiti e malsani

    •    hanno la prontezza di riflettere le loro azioni

    •    possono assumersi delle responsabilità in modo appropriato

    •    hanno la volontà alla verità e alla chiarezza

    •    hanno la speranza di trovare buone soluzioni ai problemi

 

Se noi decidiamo di confrontarci con gli eventi traumatici ed i corrispettivi sentimenti di indifesa, impotenza, paura di morire, tristezza, dolore e abbandono ed entrare in contatto con essi, allora le nostre componenti sane crescono. Avremo sempre più energia vitale a disposizione e saremo sempre più in grado di condurre la nostra propria vita. Così cresce anche sempre di più la nostra disponibilità e la capacità emotiva di affrontare gli ulteriori sentimenti ed eventi traumatici. Una persona che ha elaborato in modo terapeutico un trauma e ha integrato la scissione che ne era risultata, sarà molto più presente nella sua realtà. Il premio per l'incontro con il trauma, la sua elaborazione e l'integrazione dei sentimenti scissi, sarà la capacità della propria mente di sviluppare un maggiore senso per la realtà. Grazie al contatto con i propri sentimenti riusciamo in ogni momento a percepire il nostro stato d'umore e di agire in modo appropriato per noi, con più chiarezza e presenza.

La meta di questo percorso è una crescita interiore, chiarezza nei sentimenti e maturità personale.

Legame sano tra madre e bambino

Lo scambio emotivo tra madre e bambino inizia già in pancia. Durante la gravidanza il bambino percepisce tutti gli stati emotivi e i sentimenti della madre e reagisce ad essi. Così si instaura un forte legame tra di loro già durante i 9 mesi di gravidanza.

Il neonato è indifeso, vulnerabile ed altamente dipendente dalle cure amorevoli e dal legame sicuro con la madre. Grazie alle reazioni sensibili rispetto lo sguardo e le sue espressioni, il bambino riconosce se stesso e attraverso un contatto fisico caldo con la madre impara ben presto a percepire se stesso.

Nello sguardo della madre il bambino cerca il sostegno, l'orientamento e la conferma. Tramite il contatto fisico amorevole le sue necessità di vicinanza, affetto, amore e calore vengono esaudite. Una madre la quale è a contatto con i propri sentimenti sani, riconosce nel pianto del bambino se esso ha fame, se vuole essere fasciato, se è stanco o se vuole un contatto emotivo ed esaudirà immediatamente e con delicatezza queste esigenze. Lei riesce a capire i messaggio non verbali del bambino e mettersi in sintonia con esso.

La madre riesce a distinguere chiaramente i propri desideri da quelli del bambino e riesce così a dargli esattamente ciò che necessita per sentirsi protetto. Questo è fondamentale per uno sviluppo mentale ed emotivo sano e stabile.

Il processo di legame inizia subito dopo la nascita. Se la madre esaudisce le necessità fondamentali del bambino esso potrà sviluppare una fiducia primordiale che lo renderà solido nella sua autostima, nella sua gioia di vivere e nella sua autonomia sana.

Nei primi 6 mesi il bambino si identifica completamente con la madre “io sono la mamma, la mamma è me” e questo equilibrio non deve essere disturbato da distacchi lunghi da parte della madre.

Malgrado la sua indifesa nei primi anni di vita il bambino ha dentro di se anche una propria volontà di vita e un proprio senso dell'io.

La forza più grande di un essere umano è la nostalgia verso la madre. Così la qualità delle prime esperienze di vita fatte danno l'impronta a tutta la nostra vita e ai successivi legami.

Se il bambino cresce in un ambiente amorevole con l'aiuto anche del padre che lo accompagna in modo adeguato, può iniziare a esplorare il mondo che li sta attorno.

I genitori lo sostengono nel suo desiderio di raggiungere passo dopo passo l'autonomia, il contatto con altri bambini e adulti e il distacco dalla dipendenza simbiotica dalla madre. Per sviluppare un buon senso dell'io è importante che il bambino faccia anche le sue esperienze da solo.

Genitori sani sostengono queste sue imprese con tutte le loro forze.

Se il bambino non riceve questo aiuto dai genitori allora sarà molto difficile o quasi impossibile per lui sciogliersi dal legame simbiotico senza aiuto dall’esterno.

Legame non sano tra madre e bambino

Quali predisposizioni sono necessarie perché un legame simbiotico primordiale diventi un trauma della simbiosi per madre e figlio ?

Se una madre è stata traumatizzata da eventi travolgenti nella sua vita oppure è lei stessa figlia di una madre traumatizzata non potrà essere presente per i suoi figli con le sue componenti dell'io sane. Lei stessa non ha potuto vivere e costruire un legame stabile e sano. Per questa ragione non sarà in grado di dare ai suoi figli un legame emotivo di sostegno.

La madre andrà incontro ai figli con le sue componenti di sopravvivenza. Si prenderà cura di loro in modo “meccanico”: procurerà il cibo, i vestiti, si occuperà dell'igiene. Oltre a questo però, il bambino non riesce ad ottenere dei sentimenti amorevoli per se stesso ai quali si può legare. Il bambino, nella sua disperazione, tenterà di raggiungere le emozioni di sua madre con tutti i mezzi a lui disponibili: urla, pianto, inquietudine, insonnia, rifiuto del cibo, ecc.

Per le persone che sono nelle vicinanze e che vedono l'impegno della madre, il comportamento del bambino è incomprensibile e nessuno pensa, che malgrado le ottime cure esteriori il bambino senta la mancanza emotiva. Se tutti i tentativi del bambino, di rompere il blocco emotivo della madre, sono vani, allora si sentirà indifeso, impotente nella sua necessità di legame e avrà paura di morire.

Si manifesterà il trauma della simbiosi.

Per il resto della vita rimarrà un disturbo di legame rispetto alla madre.

Per approfondire ulteriormente gli argomenti di quì sopra, rimando alle conferenze in PPP, quelle in DVD e CD  e al

libro pubblicato

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